Più educazione, stop agli spot soprattutto quando potrebbero essere
esposti i bambini, maggiori tasse per scoraggiare i consumi, la rimozione dei
grassi artificiali da cibo e bevande entro cinque anni e persino il
cambiamento delle autorizzazioni al commercio. Le stesse ricette
messe a punto in questi anni per diminuire il consumo di sigarette
potrebbero 'tornare buone' anche per contrastare l'epidemia di obesità,
che ormai è anche più pericolosa del fumo.
A sostenerlo sono Consumer International e World Obesity Federation, due delle principali associazioni mondiali in occasione dell'assemblea generale dell'Oms.
Le due associazioni lanceranno il prossimo mercoledì l'ipotesi di una vera e propria 'Convenzione Globale' contro il cibo poco salutare, sul modello di quella contro il tabacco approvata nel 2003 e legalmente vincolante per i paesi che l'hanno ratificata. L'obiettivo è ottenere una serie di misure più rigide contro l'industria alimentare.
In questo contesto anche l'adozione di etichette con messaggi che avvisino del pericolo per la salute o addirittura con immagini shock degli effetti dell'obesità potrebbero essere efficaci.
Sarebbe una vera rivoluzione. E' ora di cominciare a scuotere le coscienze!
Proprio dieci anni fa, ricordano le due Ong, l'Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicava la sua Global Strategy on Diet and Physical Activity and Health, il primo documento in cui si riconosceva il potenziale pericolo per la salute rappresentato dall'alimentazione non corretta.
Nonostante il riconoscimento però il numero di morti causate dall'obesità è continuato ad aumentare, passando da 2,5 milioni nel 2005 a 3,8 nel 2010, e le persone in sovrappeso o obese sono ormai più di mezzo miliardo nel mondo, il 10% degli uomini e il 14% delle donne, con la maggioranza concentrata nei paesi in via di sviluppo.
Per contrastare con efficacia l'obesità nel mondo, spiega il documento elaborato dalle associazioni, è necessaria una convenzione vincolante dall'alto, e non una serie di regole lasciate alla buona volontà dei singoli paesi. Siamo nella stessa situazione degli anni '60, quando l'industria del tabacco affermava che non c'era niente di sbagliato nelle sigarette e nel giro di 30-40 anni sono morte milioni di persone. Se non si agisce ora rischiamo di avere la stessa intransigenza da parte delle industrie alimentari.
Se rivoluzione deve essere, che rivoluzione sia. La battaglia non deve essere svolta solo sul piano normativo, ma anche su quello culturale.
A sostenerlo sono Consumer International e World Obesity Federation, due delle principali associazioni mondiali in occasione dell'assemblea generale dell'Oms.
Le due associazioni lanceranno il prossimo mercoledì l'ipotesi di una vera e propria 'Convenzione Globale' contro il cibo poco salutare, sul modello di quella contro il tabacco approvata nel 2003 e legalmente vincolante per i paesi che l'hanno ratificata. L'obiettivo è ottenere una serie di misure più rigide contro l'industria alimentare.
In questo contesto anche l'adozione di etichette con messaggi che avvisino del pericolo per la salute o addirittura con immagini shock degli effetti dell'obesità potrebbero essere efficaci.
Sarebbe una vera rivoluzione. E' ora di cominciare a scuotere le coscienze!
Proprio dieci anni fa, ricordano le due Ong, l'Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicava la sua Global Strategy on Diet and Physical Activity and Health, il primo documento in cui si riconosceva il potenziale pericolo per la salute rappresentato dall'alimentazione non corretta.
Nonostante il riconoscimento però il numero di morti causate dall'obesità è continuato ad aumentare, passando da 2,5 milioni nel 2005 a 3,8 nel 2010, e le persone in sovrappeso o obese sono ormai più di mezzo miliardo nel mondo, il 10% degli uomini e il 14% delle donne, con la maggioranza concentrata nei paesi in via di sviluppo.
Per contrastare con efficacia l'obesità nel mondo, spiega il documento elaborato dalle associazioni, è necessaria una convenzione vincolante dall'alto, e non una serie di regole lasciate alla buona volontà dei singoli paesi. Siamo nella stessa situazione degli anni '60, quando l'industria del tabacco affermava che non c'era niente di sbagliato nelle sigarette e nel giro di 30-40 anni sono morte milioni di persone. Se non si agisce ora rischiamo di avere la stessa intransigenza da parte delle industrie alimentari.
Se rivoluzione deve essere, che rivoluzione sia. La battaglia non deve essere svolta solo sul piano normativo, ma anche su quello culturale.

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